Due cugini palestinesi, Chatila e Reda, sono bloccati ad Atene dopo essere fuggiti da un campo profughi in Libano. Sognano di raggiungere la Germania, ma la strada è piena di ostacoli: tra lavori precari, piccoli furti e la costante ricerca di denaro per acquistare documenti falsi, la loro quotidianità è segnata dalla lotta per la sopravvivenza e dal desiderio di una vita migliore.
Come ti è venuta l’idea di «To A Land Unknown»? È autobiografico o basato su storie che hai sentito?
Sono uscito dalla scuola di cinema volendo fare fiction narrativa, ma ero disilluso dall’industria cinematografica. Così ho deciso di prendere una videocamera e andare “unplugged”, come un musicista. Sono andato a girare un documentario sul campo profughi palestinese dei miei genitori, che poi è diventato A World Not Ours (2012): il mio personaggio in quel film, un amico d’infanzia, scappa dal campo, attraversa Siria e Turchia, e arriva in Grecia. Mentre lo filmavo in Grecia, si è aperto un nuovo mondo: quello dei giovani palestinesi che scappano dai campi in Siria e Libano e arrivano alla porta d’Europa, cioè la Grecia, solo per rimanere bloccati lì.
Ho pensato: “Questa storia non ha fine”, perché lo scrittore palestinese Ghassan Kanafani aveva scritto lo stesso tipo di storia negli anni ’60 con “Uomini sotto il sole”. All’epoca i rifugiati cercavano di andare a lavorare in Kuwait attraversando il deserto. Ho pensato: “Ora Atene è questo nuovo deserto urbano che i rifugiati palestinesi cercano di attraversare.” Per anni ho pensato che sarebbe stato bello fare un adattamento cinematografico di “Uomini sotto il sole” ambientato nell’Europa moderna, con Atene come culla della civiltà moderna.
Ho cercato di realizzare questo film dal 2011. Ma ho capito che era impossibile finanziare questo progetto per me, regista palestinese, in esilio, che fa un film in esilio sugli esiliati..
Perché è stato così difficile realizzare questo film?
In Grecia, i finanziamenti per film, soprattutto quelli con non-attori che parlano arabo, sono praticamente inesistenti.
Allo stesso modo, in Danimarca, dove vivo, l’industria cinematografica danese non era incline a sostenere un progetto del genere. Spesso rispondevano: “Perché non fai un film qui invece?” Ma in Danimarca avevo poco da raccontare, dove conduco una vita tranquilla.
Inizialmente ho pensato a un documentario ibrido. Traendo spunto da molte storie che avevo sentito, credevo che il formato documentario sarebbe stato più economico e facile da realizzare. Ho contattato Geoff Arbourne, che è poi diventato il mio principale produttore, e inaspettatamente il progetto si è ampliato rapidamente. Inizialmente pensavo a un documentario a basso budget, ma mi sono ritrovato a girare su pellicola, in ordine cronologico, coinvolgendo attori professionisti e una vera sceneggiatura. In poco tempo ci siamo ritrovati di nuovo immersi nella fiction..
«To A Land Unknown» incarna davvero questa fusione tra fiction e documentario. Puoi approfondire?
La sfumatura tra realtà e finzione è una delle cose più interessanti nel cinema. Volevo mantenere il naturalismo nelle interpretazioni ma anche la bellezza del cinema. Va bene avere stile, va bene che un film realistico sia sexy, abbia ritmo e musica… Questo è il tipo di cinema che amo.
13 Novembre 2025
REGNO UNITO/ PALESTINA / FRANCIA / GRECIA / OLANDA / GERMANIA / QATAR / ARABIA SAUDITA
104'
Mahdi Fleifel
Mahdi Fleifel, Fyzal Boulifa, Jason McColgan
Mahmood Bakri, Aram Sabbah, Angeliki Papoulia, Mohammad Alsurafa
Thodoris Mihopoulos
Nakba FilmWorks & Inside Out Films
Nadah El Shazly